Per chi è a Trieste, a più tardi!
Quando ho compiuto undici anni mi hanno iscritta alle scuole medie con tutti gli altri bambini miei coetanei. La fermata del nuovo autobus era in fondo alla strada alberata, a un incrocio. A quell'angolo vi era una grande casa, proprietà di Robert Ballard, l'oceanografo che nel 1985 scoprì il relitto del Titanic. A inizio carriera, Ballard aveva collaborato con la locale Woods Hole Oceanographic Institution, e fu durante le sue immersioni al largo del Massachusetts che nacque in lui un'ossessione per i relitti marini. A volte studiavo con gli occhi quella casa - le mille finestre luccicanti e il campo da tennis asfissiato dall'edera - e pensavo alle differenze tra Ballard e mio padre, che era capitano di navi mercantili. Uno solcava gli oceani col proprio carico, l'altro per trovarne uno si avventurava nei loro abissi. Mi attirava il romanticismo intrinseco di entrambi gli atti: fendere la superficie luccicante, oppure tuffarsi a fondo nel gelo. Un muro di pietra cingeva il cortile di Ballard. E li noi aspettavamo l'autobus.
Mi incamminavo verso la fermata leggendo. Leggere aiutava a far passare il tempo, ore intere scomparivano in un sol colpo. Accorciava le assenze di mio padre, ogni pagina mi avvicinava al suo ritorno. Ero un mago con un unico trucco: far scomparire il mondo. Riemergevo da pomeriggi interi trascorsi a leggere, la mia vita un sogno nebuloso a occhi aperti in cui mi muovevo infondendomi a ripetizione in me stessa come una bustina di tè. L'inizio della prima media segnò un cambiamento ben più drastico di quello della fermata dell'autobus. Quell'estate i miei si erano separati. Il mio corpo, un tempo un contenitore affidabile, prese a trasformarsi. Ma dal cilindro non uscì il frutto di una bella magia, non ci fu alcun abracadabra. Fu - bum - un'esplosione. Quel nuovo corpo era più difficile da far scomparire. "A volte vorrei tanto che le persone non cambiassero", scrissi nel mio diario. Con "le persone" intendevo i miei genitori. Intendevo me. Intendevo il ragazzino che nuotava in quel lago avvicinandosi al mio nuovo corpo, un corpo capace di attirare a sé ma non di mantenere il controllo.
Prima della pubertà mi muovevo nel mondo e verso gli altri senza alcuna esitazione o imbarazzo. Leggevo voracemente e su un quaderno foderato di velluto rosso appuntavo tutte le parole che volevo cercare sul dizionario. Ce l'ho ancora, quel quaderno. "Surrogato", c'è scritto. "Entropia. Mnemonico. Acquitrino. Corpulento. Canuto". Ero una ragazzina sveglia e forte e il mio potere risiedeva unicamente in queste due qualità. I miei genitori mi amavano e mi davano conferma di queste doti.
Il mondo della mia infanzia era un posto sicuro, forse molto più che per altre ragazze. Mia madre aveva messo al bando la televisione e i cereali zuccherati, e correggeva i miei libri con annotazioni femministe tracciate a pennarello. Quando non era per mare, mio padre mi insegnava a tirare la palla da baseball e anche qualche pugno, a rintracciare la Stella Polare e ad accendere un fuoco. Ero tenuta al riparo dal risvolto oscuro dell'essere donna. Ripenso al Titanic - non alla tragedia arcinota del suo naufragio, allo stridio del ghiaccio a tribordo, al fulmine d'acqua che s'insinua nel fianco squarciato. Penso al breve miracolo del suo transito. Alle 375 miglia percorse galleggiando, immacolato, sull'oceano Atlantico. Anche il mio primo transito fu un miracolo. Ma, come quello del Titanic, non durò a lungo.
La prima ad accorgersene fu mia madre. "Il tuo corpo è un tempio," mi diceva. Ma il reggiseno che mi aveva comprato più che un indumento sembrava una camicia di forza. Portavo magliette larghe e tenevo le spalle ricurve. Provavo a seppellire il mio corpo. Era eccessivo, e nei punti sbagliati. A furia di sbattere contro gli spigoli i fianchi erano pieni di lividi; non conoscevo più la mia stessa forma. Mia madre portò a casa un libro intitolato Che succede al mio corpo? Per signorine. Spiegava cosa fossero i cambiamenti ormonali e la scienza sottesa alla crescita del seno e dei peli pubici. Non era Che succede al mondo intorno a me? Per signorine, né spiegava perché essere l'unica femmina nella squadra di baseball non mi sembrasse più un gran traguardo. Non spiegava perché dalle macchine di passaggio gli uomini, per cui ero sempre stata invisibile con mia grande gioia, ora mi squadrassero ammiccanti. Non spiegava, né quantomeno esplicitava, il fatto che i cambiamenti del mio corpo stessero modificando anche il mio valore nel mondo.
Non feci domande su queste ultime cose. Magari qualcuna ci prova. Ma se avessi chiesto e i miei non avessero avuto le risposte? Sembrava di per sé un rischio svelare me stessa. Se i cambiamenti che percepivo non erano inclusi nel libro che mi avevano dato, forse ero l'unica a provarli. A quell'età si sa così poco del mondo. Qualsiasi novità potrebbe benissimo essere il prodotto della tua fantasia. Se non ti viene fornita una logica, te la inventi da te. Come poteva mia madre spiegarmi una cosa del genere, a dieci anni? Non riesco a immaginarlo.
Melissa Febos, Girlhood. In un corpo di ragazza, traduzione di Federica Principi [nottetempo 2023]
L’ho letto a luglio scorso, al Rifugio Gherardi nelle Orobie. Come mi ha scritto Anita, una bambina conosciuta là, nella dedica: «il rifugio migliore del mondo». Forse anche quest’anno si potrebbe pensare a una fuga in montagna con lo zaino pieno di libri.
Che bello Girlhood, anche per me è stata una lettura molto SBAM
Rifugio Gherardi 😍