Ciao!
questa newsletter si chiama Matilda e ti parla di libri. Chi la scrive si chiama agnese - piacere! Non so come sia possibile che giugno sia già finito e, infatti, mi ero completamente dimenticata di scrivere questa puntata.
Com’è stato giugno? In questo momento direi solo caldo caldissimo, visto che sto sudando alla scrivania da tutto il giorno. C’è poi stata tanta musica (INmusic ❣️) e, di conseguenza, tante albe. Un po’ di mare, ma decisamente ancora poco e - come ogni mese - discussioni e scelte. Ogni tanto mi chiedo perché tutto debba sempre essere così complicato e perché le cose non possono semplicemente essere lasciate libere di andare, di esistere e di essere viste.
«Paletti» è forse la parola che più ho detto questo mese e ho anche capito che proprio non li capisco. La cosa divertente è che questi paletti, a un certo punto della giornata di oggi, si sono trasformati in una paletta rossa per il mare. E visto che al mare io non ho bisogno di una paletta con cui giocare ma posso tranquillamente leggere, dichiaro ufficialmente aperta la stagione delle letture arrostite e quindi, come anno, non venite a chiedermi quanto leggo. Poco, potrei fare di più!
Autobiografia in movimento: Cose che non voglio sapere + Il costo della vita + Bene immobile
di Deborah Levy [from Sudafrica/Uk]
NN 2024, traduzione dall’inglese di Gioia Guerzoni; prefazioni di Olga Campofreda, Veronica Raimo e Claudia Durastanti
1 regalo di padre + 2 acquisti; letti tra Bunker, casa, filtri
in copertina: scene di Vivre sa vie, di Jean-Luc Godard [4 ⭐ - ricordo che è il voto solo alla copertina non al libro!]



Io non so come abbia fatto a resistere quasi un anno! Anche perché sono finita a leggerli uno dietro l’altro: ho cominciato e finito il primo al mare un pomeriggio e sono andata dritta in libreria a prendere il secondo - per poi ripetere. Insomma il mio giudizio sarà estremamente positivo ma sono ben consapevole che sono anche la lettrice ideale (a questo punto fatemelo un cofanetto, su!).
Per chi di voi è così fortunata da non essere incappata nell’ultimo anno in questi libricini qua (che, insomma, sono effettivamente un po’ piccini…) stiamo parlando dell’autobiografia in 3 atti di una delle più conosciute scrittrici inglesi. Si parte con la sua infanzia in Sudafrica (in realtà si inizia tra Polonia e Maiorca), si passa a Londra e all’uomo che è stato il padre delle sue figlie in una ricerca di luoghi in cui scrivere e si finisce in giro per il mondo.
Ci sono i luoghi reali, come gli appartamenti e i capanni degli attrezzi, e ci sono i luoghi immaginari e da questi voglio partire.
⛲ «Pur desiderando intensamente questa casa, non riuscivo a darle una collocazione geografica, e non avevo idea di come accaparrarmi una magione così spettacolare con le mie entrate precarie. Eppure, l’avevo aggiunta al mio portfolio di proprietà immaginarie, insieme ad altre dimore immaginarie un po’ più modeste. Quella con l’albero di melograno era la mia acquisizione principale. Ero proprietaria di vari immobili di fantasia» ⛲
Tutta la trilogia si può riassumere in queste poche frasi perché troviamo la precarietà della vita di una donna che vuole scrivere e che cerca un posto dove stare nel mondo (o di ammettere che di posti ne abbiamo svariati): questa è la sua vita, questa è la nostra vita. Una ricerca di luoghi, un continuo spostarsi, una continua di ricerca di storie, di alleanze, di tranquillità - e sì, di case.
E queste case sono abitate da donne: da amiche, da figlie, dalle amiche delle figlie, da madri, da vedove. Questa trilogia è piena di donne di ogni tipo e, soprattutto, di donne che sanno sostenersi, sanno cercarsi e a cui, ogni tanto, basta anche solo uno sguardo per capirsi. C’è pure un’Agnes! La mia preferita credo sia stata Celia, che ha accolto Deborah e la sua scrittura nel capanno del marito, ormai morto. Anche perché: «Se alle donne anziane era richiesto di non creare problemi, Celia aveva deciso di darne il più possibile». Ogni donna è una parte della sua vita, chi più piccola chi più grande, ma ognuna è necessaria.
✨ «Mentre tutto nella mia nuova casa si riduceva, tranne le succulente, la mia vita sembrava espandersi. In quel periodo difficile, accettavo qualsiasi lavoro, e rimanevo sempre a bocca aperta quando arrivavano le bollette. Cominciai a rendermi conto che avevo bisogno di una buona dose di cose giuste» ✨
Ci sono ancora due punti che voglio toccare. Il primo, veloce, è che i luoghi che abitiamo corrispondo anche alle piante che ci circondano e non posso che essere d’accordo, dato che vivo in una piccola foresta. «Nel gennaio del 2018 comprai un piccolo banano da una bancarella di fiori e piante davanti alla metropolitana di Shoreditch High Street. Mi aveva sedotto con le sue grandi foglie verdi tremanti, e quelle nuove tutte arrotolate, pronte ad aprirsi nel mondo», così inizia il terzo volume e è una bella coincidenza che oggi mi sia arrivato un banano in regalo.
L’altra cosa è che mi è piaciuta tantissimo è come Deborah usi citazioni di libri e di articoli di altre scrittrici o scene di film di altre registe. Siamo quello che siamo senza ciò che leggiamo e guardiamo? La risposta per me è ovvia, so bene quanto i libri vadano a incidere sulla mia vita, su quello che penso e su come vivo. Motivo in più per leggere tutte! I libri ti aiutano tantissimo a sbrogliare pensieri e anche a ricordarci che non siamo sole al mondo.
🌠 «Lui aveva rischiato invitandola al suo tavolo e in fin dei conti, lei arrivava con il suo bagaglio di vita e di libido. L’uomo dava per scontato che vedesse lui come il protagonista e sé stessa come un personaggio secondario. In questo senso, la ragazza aveva oltrepassato un confine, era riuscita a ribaltare una gerarchia sociale, a infrangere i soliti rituali» 🌠
Il bello è che so bene perché ho sottolineato questa frase e quante volte io e le mie amiche ci siamo scontrate con quello di cui Deborah dice così facilmente: uomini che si sentono come protagonisti e noi che possiamo solo accompagnare - e se ci va male, e va sempre male: ascoltare lamentele, accudire, prenderci cura, sostenere. E non è un caso che queste riflessioni siano così legate allo spazio domestico, a chi ha l’onere di tenerlo vivo. Ogni tanto sembra davvero molto difficile esistere come protagoniste, nonostante gli sforzi (che poi, perché dovremmo sforzarci di essere viste?). In quei momenti, ecco, per fortuna che ci sono scrittrici incredibili che sanno dar forma a questi pensieri.
Quindi per finire prendo in prestito da Deborah una frase del poeta, filosofo e compositore bengalese Rabindranath Tagore: «È tanto semplice essere felici, ma è così difficili essere semplici».
I correlati di oggi sono in mano a Marco che ringrazio pubblicamente e enormemente perché non solo mi ero dimenticata di scrivere Matilda ma anche di chiedere i consigli delle ospiti. Ha comunque accettato in nome della nostra lunghissima amicizia di essere l’ospite speciale che fa un piacere all’ultimo (e ha così una doppia ricompensa) ❣️
🎥 Correlati speciali by Marco Catenacci 🎥
Varda par Agnès, di Agnès Varda e Didier Rouget [2019]
The Souvenir Part I / Part II, di Joanna Hogg [2019 e 2021]
Aftersun, di Charlotte Wells [2022]
Mi sembra che questi tre (quattro) film in qualche modo si parlino, nel loro usare il ricordo autobiografico come punto di partenza per affrontare, rielaborare, esorcizzare una morte, passata o imminente.
Un film testamento pieno di vita firmato da una delle più grandi autrici della Nouvelle Vague; un dittico malinconico attraverso cui rielaborare il proprio passato e gli anni della propria formazione artistica e sentimentale; un'opera prima tra le più struggenti e folgoranti degli ultimi anni, vera e propria ricerca e ridefinizione dell'immagine del padre.
Tre film bellissimi, ma un unico avvertimento: si piange. Si piange tanto.
[FINE PRIMA PARTE]
Sì, arrivo in ritardo e mi prendo pure la libertà di dividere in due puntate!