Ciao,
questa che ti arriva l’11 di luglio è la seconda puntata di giugno di Matilda. Un po’ confusa? Dev’essere il caldo, non la mia disorganizzazione! Giugno procede così veloce che ormai siamo a luglio, a quanto pare. Se non sei ancora iscritta, non ti preoccupare: di solito non faccio così confusione quindi schiaccio subito qui:
Non mi dilungo nelle premesse, perché probabilmente continuando a richiedere calma mi sto invece chiamando addosso le sfortune. Anche a te pare che ogni tanto ti arrivino tutte insieme, una dietro l’altra? sbem, sbem, sbem e ancora sbem. E ora, che fai lì a terra, ti vuoi rialzare? Siamo solo delle sfortune o dei piccoli (ma onerosi) imprevisti, mica ti farai atterrare da noi? Ti stai davvero preoccupando che ti possa cadere il soffitto in testa mentre dormi? O che la macchina non si fermi? Va là, dai.
Finiamola qui. La prossima puntata sarà quella ufficiale di luglio, basta ritardi o raddoppi!
di Georgi Gospodinov [from Bulgaria]
Voland 2021, traduzione dal bulgaro di Giuseppe Dell’Agata
comprato come libro lungo per l’estate, iniziato su un volo per Manchester e finito a Caorle, letto anche a Trieste
in copertina: disegno di Nedko Solakov [4 ⭐]
Io sospetto che se vi dico che Gospodinov è il più importante autore bulgaro contemporaneo non convincerò molte di voi E SAPPIATE CHE È UN PECCATO E NON VI PERDONO.
Prova a fare questo esercizio: in tutta Europa le cittadine sono chiamate a votare a un referendum che chiede loro in che anno del Novecento vogliono vivere. Che anno sceglieresti? Sono andata un po’ avanti con la storia, ma poi ci arriviamo perché questo referendum accade davvero.
Il romanzo è raccontato in prima persona dal protagonista che guarda un po’ è uno scrittore e per quelle strane coincidenze che compongono la nostra vita si trova a collaborare con Gaustìn per realizzare un’idea così rivoluzionaria che io, davvero, mi sono chiesta perché no. Lo psichiatra Gaustìn avendo sempre più a che fare con persone con Alzheimer e demenza progetta dei cronorifugi: delle stanze in cui si ricostruisce letteralmente il passato nei minimi dettagli per stimolare la memoria dei pazienti a non scappare del tutto via. Insomma, punta tutto sull’effetto nostalgia (compresi i difficilissimi odori!).
🕰️ «E così, con Gaustìn mettemmo su la prima clinica del passato. In realtà la mise su lui, io ero solo un aiutante, il raccoglitore del passato. Non era facile. Non pupi semplicemente dire a qualcuno, ecco, questo è il tuo passato del 1965. Devi conoscere le sue storie e, se non puoi procurartele, bisogna che te le inventi. Devi sapere tutto riguardo a quell’anno» 🕰️
Anche se può sembrarlo, te lo giuro, non parla di malattie. Quelle demenze sono solo una scusa, anzi sono un desiderio, proprio così. Persone sane incominciano a arrivare da Gaustìn perché insomma «il passato è contagioso» o meglio «il passato non è solo quello che ti è capitato. A volte è quello che ti sei solo inventato». Potrei andare avanti con citazioni citazionabilissimi sul passato ma queste cittadine così fissate con i tempi d’oro del passato finiscono per portare il passato in politica e si arriva così al referendum per decidere in quale passato si voglia vivere. C’è un pezzo che esprime bene il senso del libro:
🔮 «Il passato cresceva ovunque, si riempiva di sangue e prendeva vita. Ci voleva un passo radicale, inatteso e anticipatore, per frenare l’insostenibile spinta centrifuga. Il tempo dell’amore era finito, giungeva il tempo dell’odio. […] Quando parliamo dell’Alzheimer, dell’amnesia e della perdita di memoria, tralasciamo un elemento importante. I pazienti con questa malattia non dimenticano solo quello che è accaduto, ma sono assolutamente incapace di formulare programmi, nemmeno per il futuro più prossimo. In realtà la prima cosa a scomparire quando si perde la memoria è proprio la capacità di immaginare il futuro» 🔮
E insomma, proprio in quest’ultima frase qua sta il senso politico del libro: quante volte ci rifugiamo nel passato, perché non sappiamo progettare il futuro. Giorgia, sto parlando proprio con te. Tanto che la mia parte preferita è quando analizza le tendenze di voto e i risultati dei singoli Stati, con questa differenza tra l’est e l’ovest, ma pure tra la Germania e i tempi del nazismo o la Svizzera che chiede addirittura all’Unione Europea di poter partecipare al Referendum e sceglie la risposta più bella di tutte. L’autore ci porta con sè a votare in Bulgaria e qui, tra le due fazioni, ne succedono di ogni ma che, nel loro grottesco, dicono troppo dei nostri tempi moderni. E, così, l’Europa si trova divisi per confini geografici e temporali.
Da qui il romanzo cambia un po’, perché i paragrafi si fanno più brevi e se prima avevano avuto molto spazio anche i racconti delle pazienti qua ci sono estratti sulle loro storie, sul contemporaneo e sulle sindromi da cui sono, o siamo, affette. E poi arriva la fine, in una data precisa precisa: «la fine di un romanzo è come la fine del mondo, è bene che si rimandi». Su questo non sono d’accordo ma arrivata a pagina 306 non posso mica rinnegare il resto del romanzo!
🤷🏻 «Da qualche parte, sulle Ande, crdono ancora oggi che il futuro sia dietro di te. Arriva alle tue spalle in modo sorprendente e inaspettato, mentre il passato sta sempre davanti ai tuoi occhi, è già accaduto» 🤷🏻
Credo tu abbia capito che il libro è un po’ stranetto e che devi affidarti all’autore per entrare nella storia. A me è piaciuto molto, uno di quei libri che vuoi proprio sapere come va avanti (perché quando arriva il referendum poi non sai più cosa ti puoi aspettare) e effettivamente la storia, proprio dal punto di vista della narrazione, è davvero ottima (così tanto che ha vinto l’International Booker Prize e il Premio Strega Europeo). In più, per mia gioia, si gioca un po’ con la tipografia e con quell’omino della copertina che attraversa qua e là le pagine.
Per anticipare qualcosa del libro seguente: «Se sono patriota per qualcosa, lo sono per questo odore: peperoni arrostiti sul far della sera»
Case editrici per stare un po’ a est correlate:
di Andrea Dei Castaldi [from Asolo ❣️]
Barta 2024
acquistato anzi addirittura prenotato prima della pubblicazione e letto in una giornata al mare a Muggia
in copertina: elaborazione da Kōshirō Onchi, Caricatura nr. 1 [2 ⭐]
(Se sei Marta, salta questo paragrafo) L’esperienza di lettura di questo libro ha stimolato diversi sensi perché, ahimè, me lo sono portata un giorno in borsa insieme anche a un tupperware di peperoni grigliati non perfettamente chiuso e i due oggetti hanno avuto un incontro ravvicinato. A distanza di quasi un mese, il libro continua a avere un meraviglioso profumo.
«Ciò che accade e ciò che non è ancora accaduto» questa è la frase che torna più spesso nel libro, fin dall’inizio, quando Olga si trova nella stazione di Vicenza a aspettare tre uomini. Il primo è Domenico, poi Stefano e infine John che aspetta a un tavolino del bar. Sono lì per Oreste, anche se non si vedono da 37 anni: «Mi piacerebbe molto che anche voi tre mi raccontaste la vostra storia, la vostra versione dei fatti».
Oreste è ormai ricoverato, non spiccia una parola e i suoi giorni sembrano essere al termine. Eppure, molto in ritardo, sta per essere insignito di una medaglia; è proprio per questa ricorrenza che Olga ha riunito i tre uomini.
🎖️ «C’è sempre qualcosa che mi sfugge, dice Olga, e la conferma mi viene oggi, proprio oggi che lo zio avrebbe dovuto essere insignito di una medaglia per aver combattuto accanto ai tedeschi, dopo aver ricevuto una croce al valore per averne ammazzato qualcuno. Scusate se sono così brutale conclude, ma è tutto qui, credo» 🎖️
E così, per capire la storia, Andrea ci porta nel passato, in mezzo al deserto della Libia dove personaggi con diversi gradi e di diverse fazioni si scontrano ma soprattutto si incontrano. A volta non si sa se si combatte verso un nemico, o se il nemico è proprio quel Potere che ti ha spedito lì a combattere per qualche ideale e questo ideale non tutti lo condividono. Anzi, uno dei personaggi è un parroco che ha perso totalmente la fede dopo quello che ha visto. E quindi sì, una parte del libro è sugli orrori che lasciano le guerre.
🏜️ «C’è qualcosa di incerto ai margini di questo buio, come il bordo slabbrato di una tela nera, e dietro a questo un vuoto freddo che freme e mi fa oscillare piano, fino a che il vuoto dà come uno scossone, a allora capisco che il pensiero che sono non basta a sé stesso, non ancora, e cerca il corpo che era. che ero io, prima, ma è adesso, ora. Dev’essere pioggia questa cosa sottile e fredda sulla faccia, come un velo bagnato» 🏜️
Ma c’è anche l’altro tema, che è quello di chi le guerre viene mandato a combatterle e la cui storia non viene poi raccontata. Raccontare le storie minori, come quella di Oreste, vuol dire non appiattire la storia, vuol dire vedere la complessità, vuol dire scontrarsi con delle parti che non sono così definite. E è anche una storia sui legami, su quelli che si perdono e che si trovano, o anche quelli che si costruiscono a decenni di distanza, quando eri un nemico e ora ti trovi a salutare un amico comune.
🤞🏻 «Nella certezza che ciò che chiamiamo domani, quale che sia, esiste ancora» 🤞🏻
La scrittura di Andrea è cercata, è lavorata, fino all’ultima virgola. Ma se memorizzi fin da subito i personaggi, gli anni e i luoghi, riuscirai a seguire la storia, coccolata nelle sue parole. Perché, una piccola anticipazione, il libro va a finire con il 28 aprile 1945 dove si trova l’augurio più bello: «Non muoio oggi».
Il disclaimer mi sembra giusto fartelo: ho la fortuna di conoscere Andrea di persona da alcuni anni e è una di quelle belle persone che ti accolgono in casa loro e è grazie a lui se sono approdata (e tornata) a Asolo.
di Cristina Marconi
Einaudi 2024
prestato da Andrea, letto tutto sul divano di casa
in copertina: foto di Pamela Hanson [3 ⭐]
Andrea mi ha parlato di questo libro un giorno in mensa e appena ho capito che c’erano dentro delle malattie… ehm, maledetta curiosità. Inoltre, anticipandomi il contenuto (sia qua messo agli atti che non ho nessun problema con gli spoiler, anzi :D) mi ha parlato di ciò che rappresenta oggi la città di Houston per molte persone.
Non la città dello spazio (e dei problemi) e nemmeno la città di Beyoncé (This ain't Texas, uouu) ma «la capitale della cura negli anni della cura»: il centro più importante al mondo per la ricerca e la cura oncologica.
Cristina, la protagonista, la conosciamo subito: una giornalista, da Londra insieme al marito si sta trasferendo a Milano, hanno una figlia e Luca, il marito, un giorno si trova con un qualcosa sul collo. È lì che inizia la sua storia di caregiver e è lì che parte per poi continuare con la collega e amica, Vera, che decide di accompagnare a Houston per farsi curare. «Che cosa vuol dire prendersi cura di qualcuno? Ci si riesce mai veramente?». Eh, bella domanda.
🚀 «Ero sposata al dolore, non mi sono ammalata io ma la nostra vita sì e a un certo ho avuto anche io bisogno di curarmi, sono andata a Houston perché volevo un posto irragionevole e lontano, volevo aiutare qualcuno che volesse farsi aiutare, avere il potere di muovere qualche filo, di rendere meno difficili le cose a un’altra persona cara, mostrare che avevo imparato qualcosa» 🚀
Un po’ spaventa l’arrivo: cibo biologico e zuppe dappertutto, il caldo e poi il freddo e poi di nuovo il caldo, le macchine troppo moderne e la vastità dei paesaggi. E poi ci sono le altre persone che sono lì, per quel motivo lì. Le descrizioni delle persone, delle case e delle situazioni mi sono molto piaciute e, a volte, divertire.
💡 «Dalla stanza al nono piano la vista è una distesa elettrica di tetti, come se l’esterno non fosse affare di nessuno, una notte desertica illuminata da un generatore provvisorio. Il letto è comodo, il salottino accogliente, il nostro è un albergo long stay, per le permanenze lunghe, mi chiedo chi abbia bisogno di passare tanto tempo in questa città» 💡
E qua arriva un punto critico del libro, se vogliamo chiamarlo punto critico. Quand’è che un racconto diventa un romanzo? Insomma, la storia inizia e finisce e, per tornare ogni tanto agli elementi di narratologia, manca qualcosina. Non fraintendermi, il libro si legge e c’è una storia però, ecco, è un po’ come se rimanesse lì, quasi un resoconto, che apre a altro ma poi lì resta. O forse sono solo io che non so vedere oltre e mi fermo al viaggio di ritorno e alla zuppa lasciata al gate (per la mia recente esperienza: meglio così, poteva insozzare un libro).
💵 «I frutti della ricerca degli ospedali texani raggiungono prima o poi i malati di tutto il mondo, anche se per potervi accedere in tempo, cercando di giocare d’anticipo sulla malattia, i costi sono enormi, le spese un privilegio. La gente si indebita, vende case, dà fondo ai risparmi di una vita per venire qui: chi guarisce rischia poi di trascorrere anni di preoccupazioni, chi non guarisce talvolta lascia alle famiglie pesanti debiti da smaltire. […] Ci sarebbe un modo per rendere più democratico tutto questo?» 💵
Quest’ultima frase te la lascio così, senza commentarla, giusto per ricordarci sempre del diritto alla cura per tutte. Scopro da questo libro che esiste un color magnolia (no, non ci vorrei mai il divano). Infine, su questo libro, per svariate ragioni, in questo momento, non ci metterò correlati.
Ti ricordo che se vuoi bene ai libri e hai a cuore l’industria editoriale, non ordinare i libri su Amazon. Ci sono le biblioteche, le librerie (meglio se non di catena), gli scaffali delle librerie delle amiche e ci sono servizi come Bookdealer che riunisce tante librerie indipendenti. Prendiamoci cura dell’industria editoriale.
Se hai commenti e suggerimenti, scrivimi pure. Ti leggo!
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Ci vediamo tra un mese e buone letture! 📚💌💘
Scoprii Gospodinov proprio con questo romanzo: non ci esci più, una volta che l'hai conosciuto. E poi ci sono le sue raccolte di racconti brevi e brevissimi che sono una cosa che mi fa impazzire 🤩.
Cronorifugio inserito immediatamente nella lista di libri da leggere per l’estate ❤️